Nel parafrasare
il titolo del libro di Milan Kundera, in cui si evince il significato della
leggerezza dell’essere nel fare scelte che appaiono irrilevanti, ma che in
realtà non lo sono, ci sembra di sintetizzare l’operato dell’arbitro Rocchi che
è stato designato a dirigere il big match della sesta giornata di campionato
tra Juventus e Roma. Gli errori continui e ripetuti sono stati l’evidenza di
un andirivieni di sbagli che hanno fatto della confusione il focus di una
partita diventata la saga dei calci e non del calcio. Premesso che il clima
negativo che si respira ormai da troppi anni negli stadi è diventato mission
impossible per la classe arbitrale, e che la sempre più frenetica azione
atletica del calcio moderno attende l’aiuto di una moviola in campo che tarda
ad arrivare, dobbiamo dire a onor del vero che ci sono situazioni in cui
l’arbitro e i suoi assistenti non sono in grado di gestire partite che, durante
la settimana, si preannunciano di particolare importanza. E’ successo in
passato, è successo oggi con Juventus – Roma, una partita in cui le due contendenti
si sono affrontate con l’esatto punteggio di classifica, e succederà
inevitabilmente anche in futuro, se le cose non cambieranno in questa nostra
Italia. L’errore, come spesso accade, è nella scelta dell’arbitro da parte dei
designatori, i quali distratti dalla ricerca di vedere se questo o
quell’arbitro ha diretto da poco un determinato match, finiscono con sminuire
l’importanza della forma magari precaria del designato. Gianluca Rocchi ha
avuto la preferenza di dirigere questa importante partita, senza dare peso che
in settimana aveva già arbitrato in Champions League Arsenal – Galatasaray, commettendo
anche in quella occasione grossolani errori di valutazione. Ma non vogliamo
appesantire ancor di più le oggettive responsabilità dell’arbitro Rocchi, in
quanto riteniamo che anche gli assistenti di linea, Faverani e Stefani, il
quarto uomo Bianchi e i giudici di porta
Damato e Banti, debbano essere considerati manchevoli di efficace supporto al
direttore di gara. Detto questo, possiamo affermare che i tre rigori fischiati dal
direttore di gara non erano da assegnare e che hanno avuto il sapore di chi,
dopo avere sbagliato a concederne uno, volesse riparare dandone
un altro in maniera benevola. Segno di insicurezza, di incapacità di sapere
dare la giusta valutazione in un attimo, e quindi di confusione totale. Ma Juve
– Roma è stata la non partita per antonomasia, un ring dove il risultato più
giusto sarebbe stato il pareggio di due squadre che tutto hanno badato, meno
che fare calcio. Troppo nervosismo, troppi veleni, troppo tutto, e meno l'essenza del football, il gioco di squadra, i tocchi di classe, le
illuminazioni di gioco che ci si aspetta da due squadre di vertice che hanno
all’interno del proprio organico il meglio dei campioni del nostro calcio. Nulla
di tutto questo. Solo calci, spintoni, gioco violento, entrate al limite del
regolamento e anche oltre. Peccato, perché Juve e Roma hanno perso l’occasione
di fare calcio, di dare spettacolo, di superarsi sul campo attraverso il gioco
esaltante, di farci scrivere una pagina importante del nostro calcio. E,
invece, registriamo i toni alti dei commenti che ascoltiamo nelle interviste del dopogara, ma anche nei bar, al
mercato, per strada, fino ad arrivare in casa del nostro Governo e farne anche opinione
politica. Come se già non ci fossero abbastanza problemi da risolvere. Una partita di non calcio che ha persino fatto registrare una sensibile
perdita in borsa delle azioni della Roma e un disinteresse per quelle della
Juventus. Che forza ha questo pallone, però! Nel bene e nel male fa sempre parlare
di sé, talora attraverso attenzioni e toni esasperati da sempre studiati in sociologia, ma
anche in psicologia, e che non hanno mai dato risposta alcuna ad un fenomeno così globale. Colpa dell’arbitro, colpa dei giocatori, colpa di un
sistema che non è in grado di capire (o non lo si vuol capire) ciò che è giusto
e ciò che è sbagliato per correre ai ripari. Ma la colpa è anche nostra, che
non siamo indenni da responsabilità quando enfatizziamo oltremisura l’attesa di
una partita importante, rendendola palpitante e febbrile nell’ansia di giocarla
e di vincerla a tutti i costi. Tu che sei della Juve, della Roma, del Milan,
dell’Inter, del Napoli o di fede calcistica di qualsiasi altra squadra. Così, i
toni vengono esacerbati e l’adrenalina s’infiltra tra ansia e nevrosi fra i
contendenti in campo, mentre tra i tifosi può anche sfociare in episodi di
violenza. No, questo non è più calcio, non è più passione per il pallone. Tutti
dobbiamo sentirci responsabili, perché l’insostenibile leggerezza degli arbitri
è anche di tutti noi. Ciascuno nel proprio ruolo.
Salvino Cavallaro
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