L`ARBITRO ROCCHI E L`INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL`ESSERE


Juventus - Roma, il big match che ha eluso le attese degli amanti del calcio
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Torino, Juventus Stadium, 06/10/2014 -


Nel parafrasare il titolo del libro di Milan Kundera, in cui si evince il significato della leggerezza dell’essere nel fare scelte che appaiono irrilevanti, ma che in realtà non lo sono, ci sembra di sintetizzare l’operato dell’arbitro Rocchi che è stato designato a dirigere il big match della sesta giornata di campionato tra Juventus e Roma. Gli errori continui e ripetuti sono stati l’evidenza di un andirivieni di sbagli che hanno fatto della confusione il focus di una partita diventata la saga dei calci e non del calcio. Premesso che il clima negativo che si respira ormai da troppi anni negli stadi è diventato mission impossible per la classe arbitrale, e che la sempre più frenetica azione atletica del calcio moderno attende l’aiuto di una moviola in campo che tarda ad arrivare, dobbiamo dire a onor del vero che ci sono situazioni in cui l’arbitro e i suoi assistenti non sono in grado di gestire partite che, durante la settimana, si preannunciano di particolare importanza. E’ successo in passato, è successo oggi con Juventus – Roma, una partita in cui le due contendenti si sono affrontate con l’esatto punteggio di classifica, e succederà inevitabilmente anche in futuro, se le cose non cambieranno in questa nostra Italia. L’errore, come spesso accade, è nella scelta dell’arbitro da parte dei designatori, i quali distratti dalla ricerca di vedere se questo o quell’arbitro ha diretto da poco un determinato match, finiscono con sminuire l’importanza della forma magari precaria del designato. Gianluca Rocchi ha avuto la preferenza di dirigere questa importante partita, senza dare peso che in settimana aveva già arbitrato in Champions League Arsenal – Galatasaray, commettendo anche in quella occasione grossolani errori di valutazione. Ma non vogliamo appesantire ancor di più le oggettive responsabilità dell’arbitro Rocchi, in quanto riteniamo che anche gli assistenti di linea, Faverani e Stefani, il quarto uomo Bianchi e  i giudici di porta Damato e Banti, debbano essere considerati manchevoli di efficace supporto al direttore di gara. Detto questo, possiamo affermare che i tre rigori fischiati dal direttore di gara non erano da assegnare e che hanno avuto il sapore di chi, dopo avere sbagliato a concederne uno, volesse riparare dandone un altro in maniera benevola. Segno di insicurezza, di incapacità di sapere dare la giusta valutazione in un attimo, e quindi di confusione totale. Ma Juve – Roma è stata la non partita per antonomasia, un ring dove il risultato più giusto sarebbe stato il pareggio di due squadre che tutto hanno badato, meno che fare calcio. Troppo nervosismo, troppi veleni, troppo tutto, e meno l'essenza del football, il gioco di squadra, i tocchi di classe, le illuminazioni di gioco che ci si aspetta da due squadre di vertice che hanno all’interno del proprio organico il meglio dei campioni del nostro calcio. Nulla di tutto questo. Solo calci, spintoni, gioco violento, entrate al limite del regolamento e anche oltre. Peccato, perché Juve e Roma hanno perso l’occasione di fare calcio, di dare spettacolo, di superarsi sul campo attraverso il gioco esaltante, di farci scrivere una pagina importante del nostro calcio. E, invece, registriamo i toni alti dei commenti che ascoltiamo nelle interviste del dopogara, ma anche nei bar, al mercato, per strada, fino ad arrivare in casa del nostro Governo e farne anche opinione politica. Come se già non ci fossero abbastanza problemi da risolvere. Una partita di non calcio che ha persino fatto registrare una sensibile perdita in borsa delle azioni della Roma e un disinteresse per quelle della Juventus. Che forza ha questo pallone, però! Nel bene e nel male fa sempre parlare di sé, talora attraverso attenzioni e toni esasperati da sempre studiati in sociologia, ma anche in psicologia, e che non hanno mai dato risposta alcuna ad un fenomeno così globale. Colpa dell’arbitro, colpa dei giocatori, colpa di un sistema che non è in grado di capire (o non lo si vuol capire) ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per correre ai ripari. Ma la colpa è anche nostra, che non siamo indenni da responsabilità quando enfatizziamo oltremisura l’attesa di una partita importante, rendendola palpitante e febbrile nell’ansia di giocarla e di vincerla a tutti i costi. Tu che sei della Juve, della Roma, del Milan, dell’Inter, del Napoli o di fede calcistica di qualsiasi altra squadra. Così, i toni vengono esacerbati e l’adrenalina s’infiltra tra ansia e nevrosi fra i contendenti in campo, mentre tra i tifosi può anche sfociare in episodi di violenza. No, questo non è più calcio, non è più passione per il pallone. Tutti dobbiamo sentirci responsabili, perché l’insostenibile leggerezza degli arbitri è anche di tutti noi. Ciascuno nel proprio ruolo.

Salvino Cavallaro                        

 





Salvino Cavallaro